Nell’attuale contesto economico italiano, caratterizzato da incertezza e instabilità, una profonda collaborazione tra marketing e finanza non è solo auspicabile, ma essenziale per generare crescita.
Eppure, nonostante questa esigenza cruciale, continuano a persistere divisioni all’interno di molte aziende italiane. Spesso queste sono alimentate da “falsi miti”, ormai radicati, riguardo alle aspettative e alle competenze reciproche tra questi due dipartimenti.
Per trasformare realmente il marketing in un autentico motore di fatturato, è necessario sfatare attivamente questi miti attraverso l’adozione di un approccio di misurazione unificato e condiviso. Lo abbiamo sviluppato a partire dagli insight di un nuovo report prodotto da Deloitte, che ha intervistato un gruppo di dirigenti italiani dei dipartimenti marketing e finanza.
Falso mito 1: “Marketing e finanza sono mondi separati, con obiettivi e linguaggi inconciliabili.”
La percezione comune spesso pone i marketer in una posizione difficile, divisi tra la necessità di costruire il brand, che si basa su metriche spesso a lungo termine, e le richieste dei CFO per ritorni immediati e risultati puramente finanziari. Questa dicotomia crea l’impressione che i due dipartimenti parlino lingue diverse.
Come riportato da Deloitte, il 42% dei professionisti del marketing italiani cita la mancanza di esperienza nella misurazione delle attività marketing da parte dei team finance come la loro sfida più grande1. Tuttavia, questa non è un’incompatibilità intrinseca, ma superabile attraverso un framework di misurazione condiviso.
I CFO italiani non sono disinteressati agli investimenti di marketing a lungo termine; al contrario, faticano a quantificarne l’impatto in modo strutturato e affidabile. Come ha chiarito un CFO italiano del settore viaggi: “Un insieme condiviso di KPI non è sufficiente se non è direttamente collegato alla responsabilità congiunta per i risultati di business”2. Ciò evidenzia un chiaro desiderio di trovare un terreno comune basato su risultati misurabili.
Per fare ciò serve che CMO e CFO italiani condividano un approccio che fonde tre prospettive essenziali:
- Full funnel. Serve misurare l’impatto di attività marketing lungo l’intero percorso del cliente, dall’awareness alla fidelizzazione. Questo assicura che gli sforzi di marketing siano ottimizzati in ogni fase del funnel.
- Omnicanalità. Bisogna integrare gli indicatori chiave di performance sia dai canali digitali che da quelli offline, come le vendite in negozio o la chiusura di contratti, influenzati dalle attività online, fornendo una visione completa dell’efficacia del marketing. È fondamentale per questo importare i dati delle vendite offline all’interno delle piattaforme di analisi per avere una visione completa dell’impatto dei canali.
- Breve e lungo termine. È necessario bilanciare l’impatto immediato sulle vendite con gli sforzi di costruzione del brand con impatti più di lungo periodo, garantendo un contributo sia ai ricavi a breve termine che alla crescita sostenibile.
Questo crea efficacemente un linguaggio comune che colma le divisioni e trasforma il marketing in un autentico motore di fatturato.
Falso mito 2: “I budget di marketing sono intrinsecamente rigidi e intoccabili, senza spazio per l’agilità.”
I marketer segnalano che i dipartimenti finanziari impongono budget fissi e immodificabili, rendendo impossibile reagire prontamente a opportunità di mercato o ottimizzare le campagne in corso. Secondo l’analisi di Deloitte, solo il 17% delle aziende dichiara di avere budget di marketing realmente flessibili.3
Tuttavia questa rigidità non è una caratteristica intrinseca del processo di allocazione del budget, ma piuttosto una diretta conseguenza della difficoltà nel dimostrare l’impatto degli investimenti a causa di carenze nella misurazione.
Le aziende con budget agili possono ottenere performance significativamente migliori.
Un CMO italiano del settore telecomunicazioni ha espresso chiaramente questa frustrazione: “Oggi, la flessibilità del nostro budget è condizionale: consente tagli in risposta a performance insufficienti, ma non aumenti a supporto di campagne ad alte prestazioni. Questo limita la nostra capacità di scalare il successo e di adattarci a dinamiche di mercato in rapida evoluzione”4.
La soluzione sta in una misurazione così solida che possa abilitare una flessibilità di budget dinamica, consentendo la riallocazione degli investimenti in tempo reale basata su insight sulle performance.
Le aziende con budget agili possono ottenere performance significativamente migliori. Le campagne della Ricerca Google, per esempio, potrebbero guadagnare in media il 20% in più di conversioni semplicemente essendo agili nella gestione del budget.
A seconda della maturità di ciascuna azienda, possono essere implementati diversi livelli di flessibilità del budget marketing:
- Flessibilità condizionale. Si tratta di un modello di budgeting adattabile che consente una flessibilità parziale in base al raggiungimento di metriche di performance predefinite. Ad esempio, l'80% del budget potrebbe essere fisso, mentre il restante 20% viene sbloccato in base ai risultati delle campagne, incoraggiando la responsabilità e premiando l’efficacia.
- Budget dinamico. Questo modello consente la riallocazione delle risorse prestabilite in tempo reale, basandosi su insight continui sulle performance.
- Budget aperto. In questo modello le aziende allocano le risorse senza un limite predefinito fintanto che l’obiettivo congiunto viene raggiunto.
Tutti e tre questi approcci nascono dall’identificazione di uno o più KPI condivisi tra marketing e finanza, la cui scelta dipenderà dal modello di business e dal settore di riferimento. Per esempio, tra i brand e-commerce vediamo oggi sempre più attenzione al ritorno sulla spesa pubblicitaria incrementale (iROAS). Le aziende omnicanale uniscono KPI digitali a quelli offline, come le vendite in negozio. Nel largo consumo i brand monitorano tipicamente le vendite incrementali.
Falso mito 3: “L’impatto a lungo termine del marketing è impossibile da misurare e non interessa alla finanza.”
La percezione comune è che gli investimenti nel brand building siano intangibili e non possano essere quantificati finanziariamente. Questo porta alla convinzione che tentare di discutere il loro ritorno sugli investimenti con il dipartimento di finanza sia futile e, di conseguenza, alla loro sotto-prioritizzazione.
La difficoltà nel misurare gli investimenti di brand complica la giustificazione delle spese di marketing ai dirigenti, in particolare per le iniziative che non hanno collegamenti immediati con le vendite.
Per esempio, un CFO italiano del settore fashion riporta la difficoltà nel quantificare l’impatto a lungo termine in modo strutturato e affidabile, non la sua inesistenza o irrilevanza.5
Diversi studi, tuttavia, dimostrano che l’impatto a lungo termine è reale e cruciale per la crescita sostenibile delle aziende. Ed è pienamente misurabile con gli strumenti giusti.
Come riportato nell’analisi di Deloitte, recenti studi hanno dimostrato che le campagne di marketing producono effetti che si estendono ben oltre il breve termine, influenzando significativamente le vendite a lungo termine, con un impatto che può eguagliare o persino superare i risultati a breve termine.6
La soluzione a questa sfida risiede nell’adozione di un framework integrato di strumenti di misurazione avanzati.
- Marketing Mix Modeling (MMM) è fondamentale per valutare l’efficacia olistica e a lungo termine degli investimenti media, inclusi quelli sui media tradizionali, isolando il loro impatto da fattori esterni come la stagionalità o le condizioni macroeconomiche. Gli econometrici di ultima generazione, come Meridian, offrono una visione granulare della contribuzione dei canali tradizionali e digitali e aiutano a evidenziare le sinergie tra essi.
- Test di incrementalità che rappresentano il “gold standard” per misurare l’impatto incrementale direttamente generato dalle campagne e per calibrare l’accuratezza dei modelli econometrici e di attribuzione;
- Modelli di attribuzione che forniscono dati in tempo reale, ideali per ottimizzazioni quotidiane e a breve termine nel mondo digitale.
Insieme, questi modelli consentono decisioni informate e basate sui dati, ottimizzando sia le tattiche a breve termine che le strategie a lungo termine.
Oggi per trasformare il marketing da voce costo a investimento, CFO e CMO devono prioritariamente adottare un framework di misurazione unificato, che bilanci obiettivi a breve e lungo termine e integri tutti i canali. È essenziale che promuovano budget agili, consentendo riallocazioni basate su insight di performance in tempo reale. Infine, devono sfruttare strumenti avanzati come il Marketing Mix Modeling e i test di incrementalità per quantificare l’impatto a lungo termine, garantendo decisioni informate e data-driven.