Patologizzare per fare anima (fare psiche).
La psiche è fatta di immagini e parla attraverso le immagini, come il "piccolo popolo" di personaggi che popolano i nostri sogni insieme all'Io del sognatore. Uno degli scopi di una terapia Junghiana-Hillmaniana è proprio quello di rendere l'Io Immaginale. Quando l'Io diventa immaginale inizia a riconoscersi come uno tra tanti personaggi psichici; sa anche riconoscere l'aspetto di fantasia presente nella vita diurna e non nega la "realtà" della fantasia, quindi della vita psichica. I nostri complessi e le nostre afflizioni assumono forme personificate nei sogni e nelle fantasie: parti di noi che stanno rivendicando il loro spazio, la loro esistenza. La sofferenza di un sintomo come l'ansia o la depressione costringe l'Io a porsi domande e magari lo conduce in terapia.
La stanza del terapeuta diventa allora luogo per dispiegare le fantasie psichiche e dare voce a tutte le immagini, anche quelle sentite come sofferenti, colpevoli, malate. Si cercano insieme le parole per restituire importanza alle parti trascurate di noi, che hanno avuto bisogno del sintomo per essere viste.
Narrando la propria storia con parole nuove si può ritrovare un senso perduto, oppure crearne uno nuovo, più corrispondente a quel che si è.
È così che in questa nuova narrazione, i personaggi celati dietro ai sintomi si vedono finalmente riconosciuti e non hanno più bisogno di farci soffrire per essere considerati.
Immagine: incisione di Gustave Dorè
